Il Palazzo Ducale di Mantova è uno dei più vasti e articolati complessi architettonici italiani, in cui dagli inizi del secolo scorso ha sede un museo statale.
Residenza della famiglia Gonzaga, che dimora continuativamente al suo interno tra il 1328 e il 1707, il Palazzo si sviluppa, nel corso dei quattro secoli di dominio gonzaghesco su Mantova e il territorio, attraverso continue stratificazioni e aggregazioni, a partire da un primo nucleo costruito dai Bonacolsi alla fine del Duecento.
Nel 1328, quando Luigi Gonzaga conquista il potere sconfiggendo la famiglia rivale,
già esistono infatti alcuni degli edifici che faranno parte della Corte Vecchia del Palazzo dei Gonzaga: tra essi emergono la Magna Domus e il Palazzo del Capitano, entrambi affacciati su Piazza Sordello.
Sul finire del secolo viene edificata, isolata dagli altri palazzi, l’imponente mole del Castello di San Giorgio, nel quale la corte si stabilisce nel 1459.
Alla decorazione dei suoi ambienti concorrono tanto l’architetto toscano Luca Fancelli, che all’interno del Palazzo realizza anche la Domus Nova (1480-84), quanto il pittore Andrea Mantegna, che nella torre di nord-est dipinge la celeberrima Camera degli Sposi, una delle massime espressioni del Rinascimento padano.
Nel Castello vive anche Isabella d’Este, moglie del marchese Francesco II Gonzaga, che nel terzo decennio del Cinquecento ritorna ad abitare in Corte Vecchia, dove fa arredare e decorare una serie di camerini nei quali colloca il suo studiolo e le sue collezioni.
Suo figlio Federico II, primo duca di Mantova, fruisce invece del genio creativo di Giulio Romano, il pittore e architetto allievo di Raffaello che in Palazzo Ducale, in una zona detta Corte Nuova, costruisce e decora l’Appartamento di Troia.
Solo nella seconda metà del Cinquecento, per mezzo di una vasta campagna edilizia condotta dal duca Guglielmo, i diversi corpi di fabbrica fin qui costruiti in maniera non coordinata vengono finalmente uniti e il complesso di edifici diventa realmente una città-palazzo, le cui parti sono collegate e giuntate da gallerie, portici, piazze monumentali. Centro ideale di questo vasto complesso è la basilica di Santa Barbara, progettata dall’architetto Giovan Battista Bertani.
Sotto il governo di Guglielmo, il Palazzo si arricchisce di importanti fabbriche: l’Appartamento Grande di Castello, che ospitava anche un ciclo di tele di Tintoretto, l’Appartamento Verde in Corte Vecchia, strutturato in parte sui preesistenti edifici medievali e in parte su nuove costruzioni, come il Giardino Pensile e il Cortile delle Otto Facce.
Gli interventi architettonici promossi dal figlio Vincenzo I, terzo duca di Mantova, si concentrano invece sulla Domus Nova fancelliana, che, profondamente trasformata, diviene l’attuale Appartamento Ducale. Il progetto di quest’intervento, come di molti altri sull’intera superficie del Palazzo, si deve al pittore e architetto cremonese Antonio Maria Viani, dal 1595 al servizio dei Gonzaga per oltre un trentennio.
Il periodo che corrisponde al governo di Ferdinando Gonzaga (1612-1626), può essere considerato il "canto del cigno" della casata: per la corte lavorano alcuni dei massimi artisti del tempo, come il romano Domenico Fetti (che si stabilisce a Mantova per un decennio) o il bolognese Guido Reni.
Il successore, Carlo I Gonzaga-Nevers, per pagare parte dei debiti contratti da Ferdinando, prende la sciagurata decisione di vendere la parte migliore della straordinaria raccolta di opere d’arte accumulata in più di un secolo di munifico collezionismo della famiglia. Si disperdono così centinaia di tele di grande valore, come i Trionfi di Cesare del Mantegna e i Cesari di Tiziano.
Ma la fine del periodo aureo di Mantova avviene nel 1630 quando, al termine della guerra per la successione del Monferrato, i lanzichenecchi tedeschi entrano da vincitori in città, profanando e saccheggiando anche Palazzo Ducale. Da allora il Palazzo non riesce a tornare ai primitivi fasti, nonostante gli sforzi esemplari di Carlo II Gonzaga-Nevers che, alla metà del secolo, chiama a corte vari artisti, tra cui il genovese Giovan Benedetto Castiglione.
Nel 1707 l’ultimo duca di Mantova, Ferdinando Carlo, fugge a Venezia portando con sé tutte le opere d’arte nuovamente raccolte nel Palazzo. Il governo austriaco, subentrato nel controllo della città, decide di usare gli ambienti del palazzo gonzaghesco come sede di rappresentanza.
Ampie zone sono abbandonate (la Corte Nuova ad esempio). Le principali ristrutturazioni interessano infatti la Corte Vecchia: il Palazzo del Capitano e la Magna Domus ospitano gli appartamenti privati del vicegovernatore mentre le gallerie e i saloni disposti intorno al Cortile d’Onore sono allestiti con decorazioni prima di carattere rococò e poi neoclassico.
Parte dell’Appartamento Verde di Guglielmo viene riadattato per ospitare gli arazzi raffaelleschi già conservati nella basilica palatina di Santa Barbara; la Galleria Nuova e la Galleria degli Specchi sono invece utilizzate per l’esposizione di alcuni dei dipinti provenienti dalle soppressioni di chiese e conventi, attuate in epoca teresiana, giuseppina e napoleonica.
Alcune demolizioni eseguite tra la fine dell’Ottocento e i primissimi anni del Novecento deturpano e alterano l’aspetto del Palazzo; mentre cospicui interventi di restauro lo interessano soprattutto nel corso degli anni Venti e Trenta. L’attuale aspetto del Palazzo è frutto di questa vasta campagna di lavori.
Nel Novecento, ulteriori ricerche hanno portato, alla fine degli anni Sessanta, alla scoperta del fondamentale ciclo di affreschi del Pisanello e, alla fine degli anni Novanta, a quella della cinquecentesca Sala dello Specchio.