Una goccia nel mare
Introduzione alla rappresentazione
Otto Adolf Eichmann in qualità di "esperto della questione ebraica, di responsabile dell'Ufficio 4B4 della Gestapo e dell'Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich" fu uno dei principali responsabili ed organizzatori della terribile macchina delle deportazioni pianificata dai nazisti. Il 20 gennaio 1942 alla Conferenza di Wannsee, alle porte di Berlino, alla quale partecipa Eichmann, viene decisa la "soluzione finale". Il suo compito sarà quello di attuare tale progetto, dirigendo ed organizzando i trasferimenti degli internati verso i campi di concentramento e i centri di sterminio di tutta Europa .
Al Processo di Norimberga, il primo del dopoguerra contro i criminali nazisti, Eichmann è invece il grande assente. Quando per la prima volta comparirà di fronte al Tribunale di Gerusalemme, il "contabile dello sterminio" sembra essere nulla più che un grigio burocrate. Siamo nel 1961. Per tutta la durata del processo la sua difesa non cambierà. Egli si ritiene non colpevole ed afferma di aver eseguito solo ordini superiori come dovere di ogni buon soldato. Non basta questo a convincere i giudici, che lo condannano a morte. Non tutti – e tra questi Martin Buber e Gershom Scholem – approvano l'esecuzione, perché il sangue di Eichmann non può in alcun modo risarcire tutto il sangue versato. Al di là del verdetto, questo processo che ha segnato la storia del 1900, contiene un significato molto più importante.
È il primo processo mediatico ai responsabili della Shoah. Una troupe americana, diretta da Leo Hurwitz, è chiamata a filmare per mesi, udienza dopo udienza, il processo che verrà poi trasmesso e reso visibile a tutti. È la prima volta che si vedono sfilare i testimoni, chiamati da ogni parte del mondo a raccontare gli orrori, visti e subìti. È un momento di profondo choc per coloro che hanno appena ricostruito le proprie esistenze edificando lo Stato di Israele, ma anche un momento fondamentale di profonda presa di coscienza collettiva di ciò che ha significato la Shoah.
Ben Gurion, fondatore del giovane stato ebraico, facendo rapire Eichmann rifugiatosi negli anni ‘50 in Argentina dove le leggi ne impediscono l'estradizione, ha voluto portarlo a giudizio e con lui tutti i crimini contro il popolo ebraico.
Nazista della prima ora, dal 1932, Eichmann viene dapprima incaricato di organizzare una "emigrazione" forzata degli ebrei dalla Germania. In un secondo tempo, come esperto di trasporti, gli verrà affidato il compito di "ottimizzare" la macchina delle deportazioni, implementando la rete ferroviaria e garantendone la massima efficienza. I vagoni merci caricano ebrei, strappati dalle loro case e privati di tutti i loro beni, li trasportano ai campi e tornano carichi di merci per non compiere viaggi a vuoto. I nazisti sanno coniugare una straordinaria crescita dell'industria che trae frutto dalla manodopera degli internati con il piano bellico generale. È una scienza diabolica, un piano studiato in ogni dettaglio, quello che vede Eichmann tra i principali protagonisti . Abbiamo scelto di presentare un montaggio duro, molto sintetico delle immagini registrate al processo. Si vedono Eichmann nella gabbia di vetro, il Procuratore Hausner, il Presidente del Tribunale Moshe Landau, l'avvocato difensore Servatius. Ed i testimoni, Gordon, Welless e Ben Or, membro dello Judenrat. L'intento è stato quello di osservare da vicino l'imputato, di ascoltare le sue prese di distanza, il suo chiamarsi fuori, come mero esecutore di ordini: si capisce invece quanto sia proprio il rifiuto di pensare, di decidere, di prendere posizione a rendere possibili i peggiori crimini che l'umanità ha commesso contro se stessa. Nessun sistema totalitario per affermarsi può prescindere dal trasformare gli individui in ingranaggi incoscienti di una macchina di morte. Far pulizia del mondo. Far trionfare un'idea che si crede assoluta di Bene, eliminando gli individui. Grossman l'aveva capito profondamente. Quella "ordinarietà" del Male, impersonificata da Eichmann, di cui parla Hannah Arendt. Nel montaggio proposto compaiono solo tre vittime testimoni. Le voci dei milioni di sommersi nel genocidio sono invece presenti nei canti religiosi che nei campi risonavano a resistenza morale degli internati. Li ascoltiamo dal Coro delle voci bianche del Conservatorio "Lucio Campiani" e dal Coro del Liceo "Isabella d'Este", diretti dai Proff. Loregian, Adami e Braghini, protagonisti centrali della rappresentazione. Ani Ma'amin, Io credo, su testo del XII dei Tredici Principi di Fede così come stabiliti da Mosè Maimonide, viene ascoltata nella versione che il rabbino Fastag si dice abbia composto nel 1942, durante le marce verso Treblinka. Shalom Alechem è un canto di pace, per lo Shabbat: parla con le voci dei bambini che ascoltiamo nei ricordi del testimone Welles. Si sentono anche le note del Kaddish, la preghiera per i morti, prima intonate dal violino solo, secondo una melodia della tradizione sefardita, e poi cantate dal baritono nella versione per voce e pianoforte di Maurice Ravel. Con le immagini dei convogli che sui binari corrono fino alla porta di Auschwitz si sentono gli accenti drammatici di Supplication, per violoncello e pianoforte. L'autore è Ernest Bloch, musicista svizzero, emigrato poi in America, le cui origini ebraiche vivono nel tessuto poetico di tutte le sue opere che si rifanno alla musica tradizionale religiosa e popolare. L'Interludio dell'Atto III di Wozzeck di Aban Berg accompagna l'ultima immagine di Eichmann. Berg, che compose l'opera negli anni ‘20, sembra intuire il futuro quando, mettendo in scena l'annientamento del soldato barbiere Woyzeck ad opera del Dottore e del Capitano, fa pensare sinistramente al dottor Mengele ed agli Ufficiali delle SS che di lì a poco sarebbero comparsi sulla scena del mondo. Sono le parole tratte dal Diario di Etty Hillesum, giovane scrittrice ebrea olandese morta ad Auschwitz, a rendere finalmente il senso della rappresentazione. Se Eichmann dichiarava che l'opporsi alle ingiustizie da parte dell'individuo valesse quanto una "goccia nel mare", Etty dimostra invece che quella goccia può trasformarsi in un oceano quando gli uomini, che sono sempre chiamati ad essere responsabili, sanno resistere in nome della fratellanza, del rispetto reciproco e dell'amore per la vita. Così come hanno fatto i tanti Giusti che riposano nel Giardino dello Yad Vashem, i quali salvando una vita, come recita il Talmud, hanno salvato l'Umanità intera. È la giovane Etty ancora che sente il dovere di testimoniare, di non dimenticare, di preparare nel cuore un mondo diverso e che al contempo si sforza di capire come il Male sia più vicino a noi di quanto possiamo credere e dobbiamo quindi saperlo riconoscere. Sotto le sue parole si sente la melodia di Avinu Malkenu, il Padre nostro ebraico; a concludere l'inno alla bellezza dell'esistenza scritto dalla Hillesum il Coro canta Hine ma tov, su testo del Salmo 133 di Davide, che dice della gioia degli uomini nell'essere fratelli.
Giovanna Maresta