Il Castello di San Giorgio, sorto come struttura militare negli ultimi anni del XIV secolo, su progetto dell’architetto Bartolino da Novara (cui spetta anche la costruzione del castello estense di Ferrara), fu da subito adoperato anche come carcere. Nella prima metà del XV secolo infatti sappiamo che i prigionieri erano tenuti sotto sorveglianza nei sotterranei del maniero. È assai probabile che questo utilizzo sia cessato verso il 1459, quando Ludovico II Gonzaga decise di spostarsi ad abitare nel Castello stesso. Gli Asburgo, che governarono Mantova dal 1707 al 1866, occuparono il piano nobile con il loro archivio e adoperarono il piano superiore come carcere: vi vennero rinchiusi i Martiri di Belfiore, protagonisti del Risorgimento italiano, fucilati in località Belfiore, alle porte di Mantova.
Legati a Giuseppe Mazzini, i congiurati mantovani furono falciati tra il 1851 e il 1855 da sentenze di morte – seguite da altrettante esecuzioni capitali – indirizzate a don Giovanni Grioli, Enrico Tazzoli, Angelo Scarsellini, Bernardo De Canal, Giovanni Zimbelli, Carlo Poma, Carlo Montanari, Tito Speri, Bartolomeo Grazioli, Pietro Frattini e Pietro Fortunato Calvi (estraneo tuttavia alla “congiura di Belfiore”). Non tutti mantovani, ma tutti condannati dal generale Radetzky e tutti imprigionati nel Castello di San Giorgio, da cui solo il forlivese Felice Orsini riuscì a evadere.
Un monumento venne realizzato nel 1872 da Pasquale Miglioretti, per ricordare la tragica fine di questi propugnatori della libertà e indipendenza italiana. Già posto in piazza Sordello, il monumento è stato spostato nel 1930; nel 2002 è stato ricostituito proprio in Belfiore, ma nel corridoio delle carceri rimangono due bassorilievi già facenti parte di esso, che raffigurano i volti dei congiurati.
L’ultimo piano del Castello racconta non solo le ultime ore dei Martiri di Belfiore, ma reca anche importanti tracce del suo passato gonzaghesco. Negli anni Venti del Cinquecento – prima quindi della realizzazione dell’Appartamento di Troia – Federico II Gonzaga fece decorare una serie di ambienti situati all’ultimo piano, sia nel Castello che nei fabbricati posti oltre il fossato, in corrispondenza delle attuali sala di Manto e sala dei Capitani.
A questa campagna decorativa, per lo più nascosta o eliminata da più importanti interventi, appartiene la decorazione della Sala dello Zodiaco, che fu anche carcere di Pietro Frattini. L’ampia volta a crociera e le lunette sottostanti furono dipinte verso il 1520-25 per il marchese Federico II, che sarebbe divenuto duca nel 1530. A lui stesso pare alludere la possente figura di Ercole affrescata al centro della volta, con una pesante clava recante la scritta «ubique fortis» (forte dovunque). Il “cielo” è sezionato in dodici spicchi da raggi in pastiglia dorata, che lo suddividono nei dodici segni dello zodiaco: è probabile che il soggetto implicito della decorazione sia il tema natale del marchese.
Le pitture, già attribuite a Lorenzo Leonbruno o a un collaboratore di Giulio Romano – ma i paesaggi fantastici spetterebbero a un artista fiammingo – risentono della complessa cultura manierista che a Mantova fonde la conoscenza di Dosso Dossi e del Pordenone con echi di cultura raffaellesca.